Pare
che i dinosauri fossero meno intelligenti di noi. Il che è una
notizia.
Rispetto
a loro avremmo dunque ancora qualche possibilità di evitare
l'estinzione della specie umana. Ma non facciamoci illusioni:
l'intelligenza media dell'animale uomo sarà pure superiore a quella
del brontosauro, ma le classi dirigenti sono quelle che sono,
nel paese del Gattopardo, del familismo amorale, della "prevalenza
del cretino".
I
migliori sono i primi ad andarsene, ma all'estero non son messi
meglio, e tutto il mondo è paese.
Greta
ci dice che il re è nudo, e, si sa, ci vuole il candore di un
infante per arguirlo.
Ma
c'è chi non vedendo la luna si accanisce sul dito: i sarcasmi su di
lei, il suo aspetto, patologie e genealogie, denotano certo, e
sarebbe niente, somma cialtroneria, ma pure la totale mancanza di
argomenti per confutare le tesi, di puro buon senso, della ragazzina
svedese.
Non
è detto che coloro, poi, che si affrettano a salire sul suo carro
(sia mai fosse quello del vincitore), magari agitando lo stendardo di
un ecologismo fariseo, portino prestigio e non discredito a questo
giovane movimento.
Ora,
ci sarebbe da preoccuparsi, se vivessimo sulla Terra. Ma per fortuna
l'umanità si è trasferita sul Pianeta Feisbuk, dove malattia e
morte non ci sono (figuriamoci le mutazioni climatiche!), e ognuno
vive da leone, e mica per un giorno!
Chi
si voglia interrogare sui destini di questo movimento, e per
soprammercato dell'umanità tutta, non può trascurare questa
marziana migrazione. Greta è fenomeno mediatico, social,
appunto. Chi si ricorda più di Aylan, bimbo-migrante trovato morto
su una spiaggia turca?
Mai
più morti in mare, tuonarono i potenti! E per trentasei ore non si
parlò d'altro. Poi venne Sanremo o la coppa di pallone, e
l'olocausto poté continuare.
Ora,
che migliaia di giovani e giovanissimi si mobilitino in una lotta per
la sopravvivenza del Pianeta, o meglio della specie umana sul
Pianeta, non può che commuovere. Ma per quanto tempo lo faranno, e
quali le motivazioni profonde, e quanto son disposti ad investire di
sé, dei propri interessi e privilegi di occidentali paffutelli?
Perché il cane non mollerà facilmente l'osso...
Difficile
non cedere al pessimismo. Abbiamo visto troppe rivoluzioni, ma
ormonali, poi fagocitate. Troppi figli uccidere padri, ma per
sostituirsi ad essi. Temiamo che anche Greta (non lei, animata certo
dai migliori propositi, ma "il fenomeno Greta") si
sgonfierà appena i media troveranno altro spettacolo da trasmettere.
Un attore che strepita sulla scena, poi più nulla.
In
fondo, la nostra nuova vita sul Pianeta Social è passata attraverso
una certa qual semplificazione dei processi mentali: basta
ragionamenti! Un "mi piace”, o centosessanta caratteri. E che
siano sgrammaticati, sennò nessuno capisce!
Quale
attenzione possiamo sperare possa riscuotere un tema secondario e
noioso come l'estinzione della specie umana?
Che
fare?
C'è
chi spera nella pedagogia delle catastrofi. Ma intanto quelle
spazzano via larghe fette di umanità, e sono gli innocenti a farne
le spese. Nelle periferie del mondo il cambiamento climatico miete
vittime. Ma i potenti non vivono in periferia.
E
quand'anche il cancro ci divorasse, come ci divora, e per via dello
scellerato sviluppo per la ricchezza di pochi, e quand'anche
apocalittiche inondazioni o siccità ci decimassero, la religione del
nostro tempo ci porterebbe a tutto addebitare a un dio cinico e baro,
o della malasorte. Ma se proprio ci risolvessimo a fare la
rivoluzione, allora questa si esaurirebbe in qualche post
o
qualche tweet.
Riportare
gli esseri umani sul e nel Pianeta Terra dovrebbe essere il
presupposto. Un lavoro di lungo periodo, oltre i panem
et circenses della
liquida modernità. Un bagno di responsabilità, o nelle gelide
invernali acque del Mediterraneo, sbalzati da un barcone in avaria,
tanto per gradire, o tanto per capire la condizione di coloro che
lasciamo morire in mare (migranti sempre più anche climatici); un
bagno di consapevolezza nel torrente esondato che ci restituisce
cadaveri al gran sudario del mare, tanto per gradire, o tanto per
capire che le nostre scelte in campo di energia o rifiuti, in
generale di economia ed ecologia, portano alla catastrofe planetaria
(né ci salva l'onirico viaggio sul Pianeta Ueb,
essendo, la Terra, l'unico posto ancora dove poter poggiar i piedi e
coltivar patate).
Insomma,
se fatti non fummo a
viver come bruti,
è giunto il momento di dimostrarlo.
Nel
nostro piccolo faremo Il
Filo d'Erba, per
una cultura della responsabilità: per resistere al montante nonsenso
di astrazioni
virtualizzate
e
di connesse demolizioni ambientali, per contrapporvi le mille
articolazioni e fruttificazioni di una cultura
dell'abitare la terra,
in sintonia con i nostri bisogni quotidiani di esseri umani e con i
cicli ecologici del mondo naturale. Un mondo che, fin quando glielo
consentiamo, continua a supportarci in quanto organismi facenti parte
della rete planetaria del vivente (non OGM).
Guarderemo
con simpatia e partecipazione ai fridays
for future
e
a tutti i movimenti trans-nazionali e inter-umani che si muovono in
quella direzione. Sperando che i tempi brevi necessari per una
inversione di rotta (per non andare a sbattere contro gli iceberg di
mutazioni irreversibili, sia climatiche che mentali) siano
compatibili coi tempi lunghi di una rivoluzione culturale planetaria.
Ora
diamoci da fare.
* Pubblicato sul Numero Zero de Il Filo d'Erba
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