venerdì 2 agosto 2019

E UN BABBO NATALE CHE PARLAVA D'AMORE... *

Pare che i dinosauri fossero meno intelligenti di noi. Il che è una notizia.
Rispetto a loro avremmo dunque ancora qualche possibilità di evitare l'estinzione della specie umana. Ma non facciamoci illusioni: l'intelligenza media dell'animale uomo sarà pure superiore a quella del brontosauro, ma le classi dirigenti sono quelle che sono, nel paese del Gattopardo, del familismo amorale, della "prevalenza del cretino".
I migliori sono i primi ad andarsene, ma all'estero non son messi meglio, e tutto il mondo è paese.
Greta ci dice che il re è nudo, e, si sa, ci vuole il candore di un infante per arguirlo.
Ma c'è chi non vedendo la luna si accanisce sul dito: i sarcasmi su di lei, il suo aspetto, patologie e genealogie, denotano certo, e sarebbe niente, somma cialtroneria, ma pure la totale mancanza di argomenti per confutare le tesi, di puro buon senso, della ragazzina svedese.
Non è detto che coloro, poi, che si affrettano a salire sul suo carro (sia mai fosse quello del vincitore), magari agitando lo stendardo di un ecologismo fariseo, portino prestigio e non discredito a questo giovane movimento.
Ora, ci sarebbe da preoccuparsi, se vivessimo sulla Terra. Ma per fortuna l'umanità si è trasferita sul Pianeta Feisbuk, dove malattia e morte non ci sono (figuriamoci le mutazioni climatiche!), e ognuno vive da leone, e mica per un giorno!
Chi si voglia interrogare sui destini di questo movimento, e per soprammercato dell'umanità tutta, non può trascurare questa marziana migrazione. Greta è fenomeno mediatico, social, appunto. Chi si ricorda più di Aylan, bimbo-migrante trovato morto su una spiaggia turca?
Mai più morti in mare, tuonarono i potenti! E per trentasei ore non si parlò d'altro. Poi venne Sanremo o la coppa di pallone, e l'olocausto poté continuare.
Ora, che migliaia di giovani e giovanissimi si mobilitino in una lotta per la sopravvivenza del Pianeta, o meglio della specie umana sul Pianeta, non può che commuovere. Ma per quanto tempo lo faranno, e quali le motivazioni profonde, e quanto son disposti ad investire di sé, dei propri interessi e privilegi di occidentali paffutelli? Perché il cane non mollerà facilmente l'osso...
Difficile non cedere al pessimismo. Abbiamo visto troppe rivoluzioni, ma ormonali, poi fagocitate. Troppi figli uccidere padri, ma per sostituirsi ad essi. Temiamo che anche Greta (non lei, animata certo dai migliori propositi, ma "il fenomeno Greta") si sgonfierà appena i media troveranno altro spettacolo da trasmettere. Un attore che strepita sulla scena, poi più nulla.
In fondo, la nostra nuova vita sul Pianeta Social è passata attraverso una certa qual semplificazione dei processi mentali: basta ragionamenti! Un "mi piace”, o centosessanta caratteri. E che siano sgrammaticati, sennò nessuno capisce!
Quale attenzione possiamo sperare possa riscuotere un tema secondario e noioso come l'estinzione della specie umana?

Che fare?

C'è chi spera nella pedagogia delle catastrofi. Ma intanto quelle spazzano via larghe fette di umanità, e sono gli innocenti a farne le spese. Nelle periferie del mondo il cambiamento climatico miete vittime. Ma i potenti non vivono in periferia.
E quand'anche il cancro ci divorasse, come ci divora, e per via dello scellerato sviluppo per la ricchezza di pochi, e quand'anche apocalittiche inondazioni o siccità ci decimassero, la religione del nostro tempo ci porterebbe a tutto addebitare a un dio cinico e baro, o della malasorte. Ma se proprio ci risolvessimo a fare la rivoluzione, allora questa si esaurirebbe in qualche post o qualche tweet.
Riportare gli esseri umani sul e nel Pianeta Terra dovrebbe essere il presupposto. Un lavoro di lungo periodo, oltre i panem et circenses della liquida modernità. Un bagno di responsabilità, o nelle gelide invernali acque del Mediterraneo, sbalzati da un barcone in avaria, tanto per gradire, o tanto per capire la condizione di coloro che lasciamo morire in mare (migranti sempre più anche climatici); un bagno di consapevolezza nel torrente esondato che ci restituisce cadaveri al gran sudario del mare, tanto per gradire, o tanto per capire che le nostre scelte in campo di energia o rifiuti, in generale di economia ed ecologia, portano alla catastrofe planetaria (né ci salva l'onirico viaggio sul Pianeta Ueb, essendo, la Terra, l'unico posto ancora dove poter poggiar i piedi e coltivar patate).
Insomma, se fatti non fummo a viver come bruti, è giunto il momento di dimostrarlo.

Nel nostro piccolo faremo Il Filo d'Erba, per una cultura della responsabilità: per resistere al montante nonsenso di astrazioni virtualizzate e di connesse demolizioni ambientali, per contrapporvi le mille articolazioni e fruttificazioni di una cultura dell'abitare la terra, in sintonia con i nostri bisogni quotidiani di esseri umani e con i cicli ecologici del mondo naturale. Un mondo che, fin quando glielo consentiamo, continua a supportarci in quanto organismi facenti parte della rete planetaria del vivente (non OGM).
Guarderemo con simpatia e partecipazione ai fridays for future e a tutti i movimenti trans-nazionali e inter-umani che si muovono in quella direzione. Sperando che i tempi brevi necessari per una inversione di rotta (per non andare a sbattere contro gli iceberg di mutazioni irreversibili, sia climatiche che mentali) siano compatibili coi tempi lunghi di una rivoluzione culturale planetaria.
Ora diamoci da fare.


* Pubblicato sul Numero Zero de Il Filo d'Erba

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